Professore universitario capì quasi subito che non lo sarebbe mai diventato, sognava un futuro come campione di basket, ma smise di crescere intorno ai 14 anni. Avrebbe potuto emergere nel coro di S. Giovanni in Laterano, se non fosse stato per la sua fama di peccatore impenitente e per la sua voce più vicina ad una mitragliatrice che ad un usignolo. Fu così che Edoardo Vianello si svegliò una mattina a 18 anni con l’idea risolutiva che sarebbe divenuto un cantante di musica leggera. Era così disperato che ci riuscì subito: divorò gli anni ’60 a ritmo di twist, surf, hully gully e cha cha cha. Trasferì in Italia un popolo africano dimenticato, che lui odiava per la loro altezza irritante, scorrazzò sulle spiagge nostrane a caccia di ragazze abbronzatissime, bagnanti sportivi con pinne, fucile ed occhiali, individui simili a peperoni e giovanotti che dondolavano con le gambe ad angolo. Mandò Rita Pavone alla partita di pallone e non ebbe esitazione a dire a Lucio Dalla, che suonava il clarinetto nella sua sgangherata band chiamata i Flippers, che non avrebbe potuto avere successo nel mondo della canzone. Terminata la benzina verso la fine degli anni ’60, capì presto che per mantenere una moglie cantante come lui ed una figlia che fortunatamente non lo sarebbe mai diventata, doveva inventarsi qualcosa: ed allora creò una casa discografica, con artisti ancora oggi ignoti, come un gruppo chiamato Ricchi e Poveri, uno chansonnier di nome Franco Califano ed un tale Renato Zero, e poi inventò una curiosa entità matrimoniale e canora: I Vianella. Così insieme a Wilma Goich, recuperò il suo animo trasteverino e tra “fojette” e “code vaccinare” rispolverò la canzone romana: il loro primo successo sintetizzava le nuove condizioni economiche della famiglia Vianello: semo gente di borgata. Ma i matrimoni finiscono e finiscono anche le coppie canore. Ma Vianello non molla, colpisce, reagisce, compone, propone, straparla, stracanta, si impone, si espone, convince, rivince ed avvince. Compare truccato da fanciullo in un film col Sapore di Mare; fa un “meraviglioso” long-playing nell’87 con i testi di un nipote degenere, che compare nella classifica dei dischi meno venduti dell’anno, si risposa, tanto per non perdere l’abitudine, con Vania, l’ispiratrice del disco e madre del suo secondogenito Alessandro Alberto, esprime nel ’91, in un CD insieme ai Pandemonium, il suo pensiero profondo: siamo rovinati!